dal: 17-06-2019 al: 21-06-2019
Terminato
Corso Buenos Aires, 33, 20124 Milano
Tel: 02 0066 0606
Orari:

Sala Shakespeare: MAR-SAB: 20:30 / DOM: 16:30
Sala Fassbinder*: MAR-SAB: 21:00 / DOM: 16:00
Sala Bausch: MAR-SAB: 19:30 / DOM: 15:30

*Sala soggetta a cambio d’orari.

 

 

Prezzi: 13,50 < 33 €

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SCHEDA SPETTACOLO: COUS COUS KLAN

Stagione 2018 -2019
Di Gabriele Di Luca
Regia di Alessandro Tedeschi, Gabriele Di Luca e Massimiliano Setti
Cast Alessandro Federico, Alessandro Tedeschi, Angela Ciaburri, Beatrice Schiros, Massimiliano Setti e Pier Luigi Pasino
Una produzione Carrozzeria Orfeo
Recensione di: Roberto Rizzente Voto 2

Ci sono un po’ tutti i tormentoni della contemporaneità, in Cous Cous Klan, produzione dell’affermata Carrozzeria Orfeo. Il conflitto tra Occidente e Medio Oriente, cinico e prevaricatore l’uno, vittima di pregiudizi e contraddizioni l’altro. Con, annesso, il dramma del terrorismo islamico. La pedofilia, gli scandali sessuali della Chiesa Cattolica. Il disagio dei padri separati, le derive xenofobe, i muri e i fili spinati, l’omosessualità, immancabile, e la privatizzazione dell’acqua. Né mancano l’ibridismo linguistico, il tono solenne della tragedia, quello dimesso del comico (si ride tanto), gli omaggi alle necessità del “genere”.

Opportunismo, furbizia? Una concessione alle leggi del mercato, la strategia del prodotto di successo? Intelligenza citazionista, postmoderna? Gabriele Di Luca è bravo a tenere insieme le fila del discorso drammaturgico. Non ha troppe pretese moraleggianti, prende tutto alla leggera, con la giusta distanza, non approfondisce, ma nemmeno appesantisce, diverte e si diverte, indovina i temi e azzecca i personaggi – il pubblicitario Aldo e la sorella Olga su tutti. Di Luca, Setti e Tedeschi, nella regia, sono abili a tenere il ritmo, si destreggiano nel montaggio delle scene, danno fiato all’istrionismo e al vitalismo degli interpreti, benché a tratti sconfinino nella macchietta, e confezionano uno spettacolo che funziona, inchioda la platea, riempie la sala.

Tutto bene, quindi? “Ni” perché, alla lunga, il “prodotto” si avvita su se stesso. Il poco convincente finale, nonostante l’happy end fortunatamente sventato, e l’irrisolto personaggio di Nina impediscono il rinnovamento dalla vulgata, rendendo troppo scoperto il debito dal cinema (ha fatto scuola, Mad Max), la letteratura apocalittica e qualche dramma anglosassone (viene alla mente Lear di Edward Bond).