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SCHEDA SPETTACOLO: CHI è DI SCENA
UN TRHILLER TEATRALE CON TROPPI COLPI DI SCENA
Potrebbe essere un vago omaggio all’ex compagno dei Giancattivi, Francesco Nuti, quello di Alessandro Benvenuti che si mette in sedia a rotelle, un attore costretto a una vita di clausura, lontano da quello che un giorno era la sua vita: il palcoscenico. Chi è di scena è sostanzialmente un thriller (si beve anche il tè come nella migliore tradizione british) con venature noir (appare anche una pistola) e qualche rara breccia nella comicità alla quale l’autore ci aveva felicemente abituati. Vorrebbe essere a metà strada tra Polanski e Le variazioni enigmatiche di Emmanuel Schmitt.
La ricerca forzata e insistita del colpo a effetto all’ennesima potenza, che ottiene il risultato contrario, e del coup de thèâtre (nel finale se ne conteranno almeno cinque che, invece di stupire, affaticano), due personaggi non del tutto risolti, l’anziano attore, dalla parlantina accademica e smodatamente colta e filosofica, che sale in cattedra a sputare sentenze, e il giovane intervistatore ingenuo che pare vittima sacrificale di un gioco perverso. Ma l’uno non dice all’altro quello che è e che cosa sta cercando veramente. L’uno (Benvenuti logorroico come una mitragliatrice ci investe di parole, con digressioni non così centrate) ha bisogno dell’altro (Paolo Cioni woodyalleniano, ancora pinocchiesco, molto macchietta toscana). Sul fondo anche una maya desnuda, per ingarbugliare ancor più la vicenda, complicandola in modo inefficace.
Fingono nei rispettivi ruoli, ma gli ingranaggi, fin dalle fondamenta, si inceppano in un congegno tutt’altro che perfetto o, al contrario, troppo preciso per poter essere minimamente credibile nelle infinite coincidenze pretestuose, esagerate e logoranti.