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SCHEDA SPETTACOLO: BEYOND VANJA
Odore d’autunno. Foglie morte sul pavimento che gli spettatori calpestano sedendo al loro posto. Al centro un tavolo dove si mangia tra piatti di plastica, teiera della nonna e candelieri d’argento. L’ieri e l’oggi. Francesco Leschiera e Antonello Antinolfi hanno ripensato Zio Vanja di Cechov e sono andati oltre. Appunto, Oltre Vanja.
Cinque personaggi invece di otto: via maman, via la balia, via il professore. Quel che resta regge? Sì, regge.
Il professore è lo stesso al centro di tutti i discorsi, di tutti i rapporti. Ma lui non c’è. In fondo è una citazione ambulante, lo si può tradurre in parole scritte, come alla fine del terzo atto: invece di concionare alla famiglia, scrive una lettera che viene letta da Vanja. L’attenzione di Leschiera e Antinolfi si concentra su Vanja, un perdente, un frustrato, un incapace. Uno di noi. Vita grama, nessuna prospettiva, l’eterno tran-tran dell’amministrazione di una tenuta che rende una miseria. Leschiera lavora con gli attori in modo interessante, rovescia molti cliché: Vanja è esasperato ma senza isteria, Sonja è introversa ma senza compiacimento, Astrov è ilare, leggero, infantile senza eccesso, Elena è svagata senza narcisismo. C’è, nella resa dei personaggi, una singolare naturalezza. La vita è così, come la vivono Sonja e Vanja, Astrov ed Elena.
C’è intelligenza, semplicità, energia nel lavoro di questi attori, tutti bravissimi. Tranne che nella prima scena del secondo atto (a mio parere troppo agitata, sopra le righe: Elena che al posto del professore parla con il fantasma di Vanja), tutto il resto è calibrato, mai compiaciuto. Un bel passo avanti nel modo di leggere Cechov oggi.