dal: 30-10-2018 al: 04-10-2018
Terminato
Via Rivoli, 6, Milano
Tel: 848 800 304
Orari:

Salvo diversa indicazione, gli orari degli spettacoli al Piccolo sono: martedì, giovedì e sabato, 19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16.

Prezzi: 12 < 32 €

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SCHEDA SPETTACOLO: AVEVO UN BEL PALLONE ROSSO

Stagione 2018 -2019
Di Angela Demattè
Regia di Carmelo Rifici
Cast con Andrea Castelli e Francesca Porrini
Una produzione CTB Centro Teatrale Bresciano, LuganoInScena e Tpe Teatro Piemonte Europa
Recensione di: Claudia Cannella Voto 0

È difficile immaginare che quella ragazza un po’ ruvida, con l’aria tutta casa e chiesa, sarebbe diventata una colonna delle Br. Quella Mara Cagol, moglie di Renato Curcio, destinata a morire a trent’anni in una sparatoria. Tutto accade in dieci anni, dal 1965 al 1975. Studentessa un po’ secchiona nella nascente facoltà di sociologia a Trento, famiglia piccolo borghese cattolica, passioni politiche che si affacciano all’orizzonte come quel giovane «picol e scur ma da la testa fina», con cui si trasferirà a Milano, fonderà le Brigate Rosse ed entrerà in clandestinità.

Di questo si parla in Avevo un bel pallone rosso di Angela Dematté, Premio Riccione 2009, ma da una prospettiva sghemba, minimal-familiare, dove la Storia viene filtrata dal rapporto tra Margherita (Mara era il nome di battaglia) e suo padre. Affetto e rispetto non vengono mai a mancare tra padre e figlia, pur nell’incomprensione e nei modi bruschi che da quelle parti mettono un freno all’espressione dei sentimenti. Con il dialetto, lingua della famiglia e della giovinezza, e l’italiano degli slogan a sancire anche dal punto di vista linguistico la frattura tra passato e presente.
La regia di Carmelo Rifici si mette giustamente al servizio del testo: ne asseconda con rispetto la delicata partitura evitando le trappole della retorica e spingendosi ai limiti del “dramma documentario”, ma senza sacrificare quel senso di smarrimento, emotivo e ideologico, che ancora oggi rende difficoltosa la storicizzazione degli anni di piombo, ferita ancora aperta della nostra coscienza civile.