dal: 24-11-2015 al: 29-11-2015
Terminato
Corso Buenos Aires, 33, 20124 Milano
Tel: 02 0066 0606
Orari:

Sala Shakespeare: MAR-SAB: 20:30 / DOM: 16:30
Sala Fassbinder*: MAR-SAB: 21:00 / DOM: 16:00
Sala Bausch: MAR-SAB: 19:30 / DOM: 15:30

*Sala soggetta a cambio d’orari.

 

 

Prezzi: 13,50 < 33 €

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SCHEDA SPETTACOLO: ADULTO

Stagione 2015-2016
Di Dario Bellezza (dai loro testi finali), Elsa Morante e Pier Paolo Pasolini
Regia di Giuseppe Isgrò
Cast Dario Muratore e le voci di voci Ferdinando Bruni e Ida Marinelli
Una produzione Phoebe Zeitgeist
Recensione di: Diego Vincenti Voto 0

Molto corpo. E altrettanta disperazione in questo Adulto di Phoebe Zeitgeist. Una disperazione plumbea, senza risoluzione, come sospesa. Monologo scarno e lineare, è un mosaico che si lascia ispirare da Petrolio di Pasolini, Aracoeli di Elsa Morante e Testamento di sangue di Dario Bellezza. Un senso di vicinanza e, allo stesso tempo, di estraneità si percepisce avvicinando testi ultimi e tanto diversi.

Ma le scelte drammaturgiche di Isgrò fanno prevalere il tentativo di vederci una continuità, quanto meno di spirito. Concentrandosi su passaggi per lo più carnali o in cui si racconta di transiti accidentati verso un’età adulta (la vita?). A partire dalla lunghissima sezione pasoliniana dedicata alla formazione “orale” del protagonista, una serie di rapporti casuali nella periferia romana in un’ubriacatura di sesso, odori, amore. Scelta che per altro ricorda quella del film di Abel Ferrara e che spinge a domandarsi se effettivamente di fronte alla complessità di Petrolio, l’episodio sia poi così fondante. Specie quando tanto spazio occupa nel piano drammaturgico, anche a scapito delle (meravigliose) pagine della Morante, il momento più intenso.

Ma rimane una omogeneità d’intenti che piace. In un lavoro che gioca sapientemente fra il livello realistico delle descrizioni e le ramificazioni filosofiche- immaginifiche. Ottimo Dario Muratore, la cui formazione performativa qui si sposa con la precisione interpretativa di un testo difficilissimo, che rimane soprattutto di parola. Monologo disturbante come un album degli Atari Teenage Riot (o di Trent Reznor). Forse si poteva anche osare di più. L’oggettistica retrò-infantile accentua il gusto e permette un continuo essere dentro e fuori i personaggi, le situazioni, il teatro. Si pretende molto dallo spettatore. E meno male. Sempre più tangibili invece le potenzialità della giovane compagnia milanese. Nuovi orizzonti.