dal: 30-01-2017 al: 31-01-2017
Terminato
Via Selvanesco, 75, 20142 Milano
Tel: 02 5410 2612
Orari:

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Prezzi: prezzi variabili a seconda della rappresentazione e consultabili sul sito http://www.pimoff.it/ €

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SCHEDA SPETTACOLO: ACQUA DI COLONIA

Stagione 2016-2017
Di Daniele Timpano e Elvira Frosini
Regia di Daniele Timpano e Elvira Frosini
Cast Daniele Timpano e Elvira Frosini
Una produzione Accademia degli artefatti, Romaeuropa Festival e Teatro della Tosse
Recensione di: Francesca Serrazanetti Voto 3.5

Sembra quasi un malcelato senso di superiorità quello con cui Elvira Frosini e Daniele Timpano continuano a rinfacciare agli spettatori la loro ignoranza sul colonialismo italiano in Africa. “E allora, glieli diamo quattro dati?” I due autori e attori non hanno paura di provocare, andando a toccare i nervi ancora scoperti della nostra ‘italianità’: a cominciare da Faccetta nera che il pubblico, pur invitato a farlo, rifiuta di cantare.
Acqua di colonia è strutturato in due parti: la prima lavora sullo straniamento di un gioco meta-teatrale in cui ci si interroga sulle modalità per mettere in scena lo spettacolo, con una ricostruzione storica affidata a un racconto frammentario. La seconda riprende alcuni passaggi emersi nella fase di creazione, portando in scena i personaggi-chiave che hanno contribuito a tracciare la storia del nostro razzismo, e di cui diventano in qualche modo archetipo.
L’Africa orientale italiana del 1938 prende forma in un “appello all’immaginazione del pubblico” che segue l’esempio di Salgari, quel narratore di viaggi esotici che aveva descritto e immaginato, a distanza, ogni cosa. La drammaturgia mette insieme senza gerarchia le parole di Kant, di Croce, di Hegel o di Aristotele, ma anche le voci sentite per la strada. E nella seconda parte, quando Elvira e Daniele assumono le vesti dei personaggi, ogni eccesso viene ridimensionato dal rimando alle fonti originali: si tratta sempre di testi reali, da Tripoli bel suon d’amore a Topolino in Abissinia.
ll rapporto degli italiani con i migranti, indagato nel nostro torbido passato colonialista, diventa un rimosso capace di far riverberare le contraddizioni di oggi: l’intento – a tratti perseguito con eccessiva insistenza – è quello di mettere in crisi chi guarda mostrandogli la sua percezione stereotipata della realtà. Emblematica allora la presenza in scena, nella prima parte, di una ‘prima spettatrice’ di colore che assiste muta alla rappresentazione: il suo sguardo diventa dimostrazione concreta dei pregiudizi che proiettiamo sull’altro e nonostante l’altro. Quel silenzio offre un significativo controcanto all’ironia corrosiva e debordante di Frosini/Timpano: è l’unico commento possibile alla nostra pronta lista di giustificazioni auto-assolutorie.