dal: 12-11-2019 al: 24-11-2019
Terminato
Via Rovello, 2, Milano
Tel: 848 800 304
Orari:

Salvo diversa indicazione, gli orari degli spettacoli al Piccolo sono: martedì, giovedì e sabato, 19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16.

Prezzi: 12 < 32 €

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SCHEDA SPETTACOLO: L’abisso

Stagione 2019 -2020
Di Davide Enia
Regia di Davide Enia
Cast Davide Enia
Una produzione Accademia perduta Romagna Teatri, Teatro Biondo Palermo e Teatro Di Roma
Recensione di: Paolo Ruffini Voto 4

Da Appunti per un naufragio storie di migrazione fra mito e realtà L’abisso di Davide Enia in scena al Piccolo Teatro di Milano dal 12 al 24 novembre

E vero, la leggenda di Europa, fanciulla fenicia di Tiro che attraversa il Mediterraneo e sopraggiunge a Creta, ci rimette sul piatto della classicità l’idea di un’eterna traversata, un ciclico approdo da fughe perenni. Quell’espressione figurata di una natura genitrice di cultura porta con se nel dibattito contemporaneo sulle migrazioni, il dilemma etico-politico fra ospitalità e sicurezza, fra l’imperativo di salvare vite umane e il diritto verso se stessi, ovvero noi. Noi, testimoni e uditori e loro, nudi nel rivendicare il diritto al movimento, quando non alla morte in acqua. La filosofia non ha più strumenti, se non per segnare una crisi della sovranità, la politica serra i ranghi e torna a parlare di nazione abusando di parole anticapitalistiche, fraintendendo, o meglio, confondendo volutamente il segno che la migrazione porta con se, della frontiera come valore sacrale.

Davide Enia, dopo un lungo periodo di assenza, torna sul palcoscenico con L’abisso, tratto dal suo romanzo Appunti per un naufragio (Sellerio, recente Premio Mondello) e lo fa a suo modo, così scarnificato, in “assolo” (questa volta in tandem con lo straordinario orchestratore di silenzi e tensioni sonore Giulio Barocchieri, in scena esecutore live), tra impeti gestuali e movimento delle mani che sembrano condurre una polifonia di eco e di rumori (e qualche rimembranza del cunto). Seduto ancora una volta su una sedia, ma pronto a impennarsi in piedi quando il racconto ne avverte la necessità, sposta la narrazione – perché di teatro di narrazione parliamo, teatro civile di un livello altissimo e mai scontato – da un piano corale e familiare a quello in cui si incunea solitario nello spiegare la pratica del salvataggio dell’uomo verso l’uomo, del professionista verso l’uomo, in quelle ferite vissute a Lampedusa delle quali e testimone emotivo e traslazione visiva. Come sa fare lui, sempre affacciato alla recitazione, in prossimità dell’interpretazione, ma nel “reale” dell’abisso che racconta. Fatto di medici, di scelte lucide e drammatiche, delle imbarcazioni che si frantumano in mare e dei cadaveri, dei resuscitati dall’acqua, di chi ce l’ha fatta, dei loro volti, e della tenacia degli uomini che per mestiere sono lì, oltre tutto, a spendere la loro stessa vita anche quando lo Stato e assente.