Lunedì-Sabato: ore 21.00
Domenica: ore 16:00
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IO NON SONO UN GABBIANO
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SCHEDA SPETTACOLO: IL PREFERITO
Note di presentazione
Se è vero che la famiglia è il porto sicuro e luogo dove rifugiarsi, è vero anche che alcune volte, è nella famiglia che risiede il vero nemico. Il preferito è il racconto di un legame difficile tra due fratelli, che – odiandosi – si ritrovano a “combattere” spalla contro spalla per salvare il buon nome del padre, malato e in fin di vita in un letto d’ospedale.
La Compagnia Òyes è attiva da circa una decina di anni: ha appena ricevuto il Premio Hystrio Iceberg come miglior compagnia emergente italiana, e nel 2017 ha vinto il bando Next di Regione Lombardia con l’ ultima produzione Io non sono un gabbiano , ispirato all’opera di Anton Čechov.
Note di regia
Nonostante le apparenze, con Il preferito ho cercato di raccontare più che una storia familiare, il presente del nostro paese. L’Italia, pur mai direttamente nominata nel testo, è per me molto simile a quel padre gentile ma corrotto, ormai in fin di vita eppure incapace di andarsene e di lasciar crescere i propri figli. L’Italia del Preferito è l’Italia che vedo intorno a me: l’Italia clientelare e segreta, l’Italia della crisi economica e della disoccupazione, della politica come immagine e prodotto mediatico, l’Italia della corruzione serpeggiante che soffoca sul nascere ogni tentativo di cambiamento, l’Italia vecchia, che continua a invecchiare e deteriorarsi, l’Italia di chi resta e soccombe e di chi è costretto ad andarsene per realizzarsi, l’Italia dei diritti civili arretrati e negati alle minoranze etniche e sessuali. (…)La Famiglia impera sulla scena politica, La Famiglia, intesa anche solo come clan, è alla base dei casi di corruzione e delle organizzazioni criminali nostrane. La Famiglia è, allo stesso tempo, la nostra ancora di salvezza e l’ancora che ci trascina sul fondo del Mediterraneo, o che perlomeno ci impedisce di salpare. L’Italia è un paese dove siamo “figli di…”, prima che singoli individui, è un padre (o forse una madre) morente, che da “figli” continua a trattarci, impedendoci di crescere e di emanciparci.