dal: 06-06-2018 al: 11-06-2018
Terminato
Via Pier Lombardo, 14, 20135 Milano
Tel: 02 599951

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SCHEDA SPETTACOLO: Homicide House

Stagione 2015-2016 e 2017-2018
Di Emanuele Aldrovandi
Regia di Marco Maccieri
Cast Cecilia di Donato, Luca Cattani, Marco Maccieri e Valeria Perdonò
Una produzione BAM Teatro e MaMiMò
Recensione di: Maddalena Giovannelli Voto 3.5

“C’è sempre un’alternativa. Anche alla fine delle alternative. Ce n’è sempre una in più”.
Anche per un Uomo indebitato fino al collo, a cui l’aguzzino sta – letteralmente – offrendo un cappio per l’impiccagione. E allora, come uscirne? Come trovare i soldi per salvare l’amata e ignara famiglia da un fatale recupero crediti? Ci pensa la Homicide House, un servizio che mette in contatto esigenze complementari: chi desidera uccidere e ha soldi da spendere, e chi vuole suicidarsi e capitalizzare la sua morte.
Il testo di Emanuele Aldrovandi – giovane drammaturgo giustamente premiato dal Tondelli 2013, e da una manciata di altri riconoscimenti – è un meccanismo a ingranaggi serrati, che stringe in una morsa letale i personaggi che lo abitano. Personaggi che sarebbe meglio chiamare ipostasi, e che non a caso non possiedono nomi, storia, né esigenze psicologistiche: sono Uomo e Donna, specchio della normalità contraddittoria di una società capitalistica, Camicia a Pois e Tacchi a Spillo, che offrono soluzioni estreme in pieno stile noir, argomentando filosoficamente le necessità (o la bellezza) della corruzione morale. Ma Faust non può rimanere se stesso dopo aver incontrato Mefistofele: e sarà molto difficile per l’Uomo ricostruire un mondo in salsa Barilla dopo aver fatto esperienza del male.
Il tempo scorre veloce, in sala si ride e si trattiene il fiato: il congegno teatrale di Homicide House funziona benissimo, grazie ai ritmi al fulmicotone ben sostenuti dagli attori e grazie alla scrittura ad un tempo aguzza e lieve di Aldrovandi (suggeriremmo a qualche sceneggiatore televisivo italiano di farsi un giro ai Filodrammatici, una di queste sere). Il rischio, certo, è quello di fermarsi al raffinato divertissement; e forse potrebbero scavare un po’ più a fondo regia e attori, dando più spazio a chiaroscuri e inquietudini, lasciando affiorare del tutto le ingombranti questioni poste dalla pur asciutta drammaturgia. Il testo disinnesca, è vero, i noti meccanismi del tragico: ma senza tragedia non c’è catarsi, e senza catarsi non c’è purificazione possibile dalle nefandezze che abbiamo visto in scena.
Perché allora ci sentiamo così leggeri?