dal: 14-11-2014 al: 23-11-2014
Terminato
Corso Magenta, 24, 20123, Milano
Tel: 02 8645 4546
Orari:

(salvo diversa indicazione)
Sala Teatro Litta
lunedì riposo
martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato ore 20:30
domenica ore 16:30

 

Prezzi: 10 < 21 €

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SCHEDA SPETTACOLO: Frammenti di contemporaneità

Stagione 2014-2015
Di Martin Crimp
Regia di Chris White e Francesco Leschiera
Cast Alessandro Macchi, Ermelinda Cakalli, Francesco Leschiera e Luigi Maria Rausa
Una produzione Litta e Teatro Del Simposio
Recensione di: Ilaria Angelone Voto 2.5

Dopo un passaggio a IT Festival, arriva in stagione Frammenti di contemporaneità (Meno emergenze), di Martin Crimp, piccolo e affascinante spettacolo del Teatro del Simposio. Quattro personaggi senza nome, neutri i costumi di scena grigi, neutra la scena bianca, fatta di cubi di plastica in continuo movimento, di luci fredde che cambiano colore per mano degli stessi attori. Frammenti di vite anonime, provenienti da un non luogo, congelate in un non tempo privo di connotazioni.

Eppure non si fatica a riconoscerlo come il tempo presente. C’è la disillusione, la delusione, c’è la crisi dei rapporti personali basilari, di coppia, fra padri e figli, c’è la paura, l’ansia, la violenza, la guerra perfino, ma tutto è solo evocato, suggerito, tutto da ricostruire. È il lavoro dello spettatore, richiesto da Crimp, nel suo Meno emergenze, a cui la compagnia fa precedere Consigli alle donne irachene, altrettanto inquietante, altrettanto straniante nella sua algida serie di prescrizioni di saggezza, salvo che gli allarmi per spigoli e scale, da cui i bambini possono cadere, che tante ansie producono nelle mamme occidentali, rivolti alle mamme di una popolazione in guerra fanno un effetto grottesco («la casa è un campo minato per i vostri bambini»).

A una drammaturgia d’autore così affilata, la compagnia tiene testa con una messinscena altrettanto evocativa, che tiene sospesa e attiva la percezione dello spettatore su una partitura di gesti, movimenti, intonazioni, espressioni precise, algebriche, in cui i quattro attori si scambiano le parole, legandole e legandosi uno all’altro in un continuo gioco di rimandi, in cui a loro è richiesta una presenza scenica costante e altissima. Nessun gesto è un’azione reale, eppure tutti rientrano nella drammaturgia. I cubi della scena continuamente spostati, scomposti e ricomposti in figure su cui gli attori salgono, si siedono, con cui giocano, formano scale e muri (anche qui l’evocazione è forte), dietro cui nascondersi. Figure che separano dal pubblico, come nell’iniziale ring entro cui tutto accade e che alla fine viene rotto e allargato a includere lo spazio in cui gli spettatori siedono, con gli attori che parlano al pubblico, fra il pubblico. Come a dire che nessuno può tirarsi fuori.