Salvo diversa indicazione, gli orari degli spettacoli al Piccolo sono: martedì, giovedì e sabato, 19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16.
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SCHEDA SPETTACOLO: COPENAGHEN
Si parla di storia, in Copenaghen, ma la scena – asciutta ed efficace, creata da Giacomo Andrico – è uno spazio senza tempo: un’aula chiusa da lavagne nere, graffiate di complesse formule matematiche. Si rievoca – nelle due ore dello spettacolo – un incontro privato che ha segnato profondamente il corso degli eventi della Seconda Guerra Mondiale, e che ha influenzato il futuro dell’umanità: ma a ricordarlo – davanti agli occhi conquistati del pubblico – non sono personaggi vivi, ma le loro ombre, che si confrontano in una sorta di discussione chiarificatrice post mortem, con cui – ormai lontani dai fatti e dalle loro conseguenze – si cerca di rispondere obiettivamente, di esporre ipotesi, di dimostrare delle tesi…
Sembrerebbero i modi della scienza, e risiede infatti nella scienza il nucleo drammaturgico di Copenaghen: il confronto cioè fra due fisici nucleari – Heisenberg e Bohr – entrambi a un passo dalla realizzazione della bomba atomica. L’incontro (i cui contenuti sono rimasti sempre misteriosi) è realmente avvenuto, nel 1941, nella capitale danese ormai occupata dai nazisti.
Ma non è affatto nei termini della sterile disquisizione accademica che Michael Frayn costruisce questo suo ultimo, interessantissimo testo: rievoca la conversazione fra i due premi Nobel per la fisica, secondo un percorso assolutamente emotivo, e dunque irregolare, tortuoso, impulsivo e molto coinvolgente. Sono infatti rarissime – grazie all’originale taglio scelto da Frayn e all’incalzante e rispettosa regia di Mauro Avogadro – le sbavature nel ritmo dello spettacolo. E non è soltanto l’andamento ritmato, la precisione, l’elegante essenzialità della spazializzazione ad affascinare il pubblico: Avogadro lavora con accuratezza sugli attori, un cast assolutamente eccellente, composto da Umberto Orsini e Massimo Popolizio, cui si affianca la brava Giuliana Lojodice, che nel ruolo della moglie di Bohr ha il compito di richiamare delicatamente alla concretezza e alla “semplicità” l’acceso dialogo dei due uomini di scienza. Ottimo Orsini, che dona a Bohr – scienziato di origine ebraica, in fuga dalla follia nazista – pacata autorevolezza, e che si rapporta all’allievo Werner Heisenberg (rimasto invece solidale al Reich) in toni di entusiasmo scientifico e di allusiva saggezza paterna. Ineccepibile l’intensa prova Popolizio: di Heisenberg offre un indimenticabile ritratto, di uomo geniale, fragile, forte, appassionato, dimostrando una sensibilità interpretativa che supera brillantemente le spigolosità del testo.